REPORTAGE FOTOGRAFICO
LA COZZA SELVAGGIA DI MARINA DI RAVENNA, STORIA DI UNA COLLABORAZIONE
La pesca subacquea della cozza selvaggia di Marina di Ravenna nasce intorno agli anni 70 quando, a seguito della costruzione delle prime strutture off shore per l’estrazione del metano, nei calcoli non si tenne conto che le stesse strutture sarebbero state poi colonizzate dai mitili. Nacque così, dall’idea dei padri dei pescatori ritratti nel reportage, il mestiere dei “cozzari”, pescatori subacquei che si immergono fino a 12 metri per disincrostare i piloni sommersi, attraverso un lavoro di raschiamento a mano.








A oggi sono circa 50 anni che viene raccolto questo prodotto, un’eccellenza gastronomica che compie il suo ciclo in maniera completamente spontanea e del tutto naturale, in un habitat incontaminato e ricco di biodiversità. La parte sommersa delle piattaforme, infatti, ha generato nel tempo un ecosistema complesso in un contesto di fondali sabbiosi quali quelli dell’alto Adriatico romagnolo, divenendo un’importante zona di rifugio e riproduzione per la fauna marina.






I parametri di acque e molluschi sono costantemente controllati dalle aziende sanitarie, le aree dove crescono e si sviluppano le cozze selvagge sono classificate come zone di categoria A, con i mitili direttamente pronti al consumo subito dopo lo sbarco.
Un ambiente protetto, un habitat ricco di biodiversità e un prelievo sostenibile: questa realtà sembra essere la perfetta collaborazione tra uomo e natura, in completa sinergia tra di loro.









Il reportage, firmato Max Cavallari, racconta il lavoro dei pescatori di cozze di Marina di Ravenna, andando a focalizzarsi sulla loro attività quotidiana e dando visibilità a un prodotto di cui ancora non tutti sono a conoscenza.
Max Cavallari (1989) è un fotografo documentarista che vive e lavora a Bologna. Collabora con l’agenzia Getty Images e per ANSA in Emilia-Romagna. Collabora con testate giornalistiche e riviste, italiane e internazionali. È focalizzato su tematiche che mettono l’essere umano a confronto con ciò che gli sta intorno e con i suoi simili, tratta di immigrazione, tecnologia e ambiente. Cofondatore del progetto Arcipelago-19 insieme a Michele Lapini, Valerio Muscella e Giulia Ticozzi.









“Se c’è una cosa che mi spinge a continuare il mio lavoro è la possibilità di raccontare storie, tra le più svariate, e utilizzare il mezzo fotografico come strumento narrativo al pari della carta e della penna. Quando mi è stato chiesto di raccontare i pescatori di cozze di Marina di Ravenna ho subito pensato alla opportunità di conoscere da vicino una tradizione tipica del territorio, in un luogo che è possibile vedere solamente da lontano. L’emozione di trovarsi in mare, di vedere le piattaforme offshore, questi colossi di metallo piantati a pochi chilometri dalla costa, diventare sempre più grandi man mano che ci si avvicina, è indescrivibile. Realizzando questo reportage mi ha colpito particolarmente il legame che unisce i pescatori a un ambiente
atipico per la riviera romagnola, le gambe d’acciaio su cui poggiano le piattaforme offrono un habitat inusuale sia per i mitili che per tutta la fauna ittica. Ma è stato soprattutto vedere i ragazzi lavorare a darmi un gusto speciale, di recupero di una tradizione che vorrei approfondire maggiormente, andando fino alle radici della storia dei cozzari del territorio.”








Il lavoro è stato commissionato da Fondazione Flaminia di Ravenna e dalla cooperativa Piccola e Media Pesca “La Romagnola” di Marina di Ravenna nell’ambito di loro iniziative legate alla valorizzazione dei prodotti ittici locali.